lunedì 20 giugno 2022

Diventare Cagna

 

{ho vissuto la lettura di questo libro come un'esperienza mistica con una *Cagnatrice come guida 💜}

Introduzione all'edizione italiana di Mariella Popolla

Gustatevela, ritrovatevi, criticatela: quest'opera è uno strumento prezioso per cominciare a comprendere il transfemminismo, che in Italia è ancora un oggetto misterioso. – Slavina

Prologo

Le cagne la cavalcano la crisi, perché la crisi è l'unico stile di vita che conoscono.

Una cagna sola è una cagna morta, un branco è un commando politico. Le cagne non si occupano della cucina, né di badare ai bambini della patria.

E siccome il branco è una macchina collettiva per fottere, indispendabile per resistere e inventare altre forme di piacere, ne entrano a far parte anche i ragazzi trans e le camioniste butch. – Virginie Despentes e Paul B. Preciado

Avvertenze

La verità obbiettiva è sempre la versione del potere. E io scrivo dai margini, dalle fogne del sesso. Dall'attivismo e dalla rabbia di genere e classe, come donna "permale" e povera.
Questo è un trattato d'amore. E anche di vendetta. Le cagne di cui parlo sono mie amiche.

Difendo fin da ora la discordanza di genere come meccanismo di sabotaggio sessuale e linguistico.

E fintanto che autonominarsi femminista continua ad avere tanta cattiva fama, insisterò a farlo. Lo dico sia per via di quegli idioti allergici a tutto ciò che suona come una denuncia di sessismo, sia per le femministe perbene, che si offendono quando una zoccola come me si dichiara tale.

Io adoro gli uomini. Sono i maschilisti che non sopporto. E il femminismo è stato precisamente il discorso vitale che mi ha permesso di curare le ferite aperte dalla brutalità dei maschilisti e di cominciare un'alleanza con gli uomini.

Riguardo ai maschilisti, agli uomini che hanno creduto alla favola dell'essere uomini, non mi stancherò mai di ripetere le parole della mia amica cagna Virginie Despentes nella sua esplosiva Teoría King Kong. «Quando difendete i vostri diritti maschili, siete come gli impiegati di un grand hotel che si credono i proprietari dell'azienda... servi arroganti, ecco quello che siete.»

Mi piace essere una zoccola.
La costruzione di sé a partire dal piacere

Tutte sappiamo dell'artificialità del sesso e del genere, per questo giochiamo con la femminilità.

...quando mi parlano di fame, immigrazione, traffico di stupefacenti, prostituzione, di qualsiasi cosa, riconosco la cornice delle relazioni di potere economico all'interno delle quali devo inserirle, per non cadere nelle trappole dei discorsi egemonici.

E senza nozione critica del sesso e del genere il femminismo è essenzialista e transfobico, e in qualche modo connivente con tutta la violenza attraverso la quale continuano a cercare di modellarci come donne e uomini.

La femminilità e la mascolinità sono due poli d'indottrinamento di massa. Vengono riprodotti per plasmare donne e uomini all'infinito, come in loop. E falliscono miseramente. «Il genere è una copia senza originale» diceva Judith Butler

Non esistono due esperienze di femminilità o mascolinità che siano identiche. Il contesto e la percezione delle proprie trasformazioni sono, anche in questo caso, uniche.

Jazz è una bambina transgender di sei anni che sorride alla macchina fotografica vestita da hawaiana e adora le sirene perché non hanno niente in mezzo alle gambe per cui possano essere discriminate.

Perché secondo me l'unico problema reale legato alla mascolinità e alla femminilità è che ci vengono imposte.

La depilazione sembra essere il grande luogo comune della femminilità nella cultura occidentale, più di qualsiasi altro.

Perle insanguinate: il branco affronta la violenza

È impossibile divagare sulla femminilità senza parlare di violenza. I segni della femminilità indicano ai maschi quali sono le sue possibili vittime, siano esse donne, froci, uomini deboli.

Sono un'archeologa delle donne indomabili. Per incontrarle bisogna scavare a fondo, possibilmente al chiaro di luna piena e mai sotto la lampada da laboratorio, troppo scientifica e totalizzante; prescindere dagli attrezzi patriarcali o cercare nei campi sterili. La magia, il vino e la nostalgia delle antenate sconosciute faranno il resto.

nella pelle di tutte coloro che sono state condannate, imprigionate, massacrate e ripudiate dalla chiesa, lo stato e la medicina, vive sempre una di noi.

Possiamo dire che l'anoressia nervosa è una malattia cristiana e femminile [...] Molte delle giovani che si ostinavano a digiunare per riuscire a ritirarsi in convento, raggiungere la vita santa e allontanarsi da un marito imposto, avevano visto le loro madri morire dopo svariati parti.

L'esempio di Santa Wilgefortis - la vergine di ferro - ha attraversato il confine della Spagna come Santa Liberata.

Alla lesbica mascolina e alla persona transgender, cugini tra loro, non si perdona di non servire agli uomini, di non scopare con loro o di non generare i loro figli, i loro eredi.

La risposta alle molestie maschili forma parte integrante della nostra costruzione di cagne.

A volte basta scoprire che si può reagire, nonostante tutti i messaggi con cui la nostra cultura patriarcale cerca di infantilizzare le donne.

Il boa di piume come resistenza
La pelle di cagna come travestimento

Perché non utilizzare tutte le risorse che abbiamo in questa mascherata?

Se una scollatura ti disturba è un problema tuo.

«Donne e checche devono stare unite, perché abbiamo lo stesso nemico.»

«Così come la rivelazione femminista ci ha rese critiche nei confronti della femminilità che ci è stata inculcata, molto più tardi il contatto con il mondo queer ha significato per noi la scoperta di nuove e mutanti identità come cagne.... » ricorda Laura. La femminilità spettacolare e ribelle di cui parlo è queer e transgender.

Spesso, come afferma Alaska, l'altra saggia, le femministe hanno sottovalutato la femminilità parodica esibita da checche, travestiti e transessuali. Hanno perso l'opportunità di imparare da loro come smontare in altra maniera il genere femminile.

La ribellione nel piacere

Quel senso di colpa connesso alla nostra gioia ce lo siamo tolto di dosso attraverso il tortuoso percorso della troiaggine. Abbiamo scoperto, sollevate, che si può andare a casa con le dita impregnate di un'orgia e sentirsi deliziosamente sporche e piene.

«Aixo és Vitalität» mi ha detto una psichiatra femminista anni fa.

Non c'è più grande ribellione della risata e del piacere. Mi rifiuto di essere una guerriera eternamente accigliata con le gambe chiuse. Mi rifiuto di sentirmi in colpa per essere sopravvissuta. Mi oppongo alla soppressione del mio desiderio e al paralizzarmi come un animale in costante allerta.

con la P di puttana

Voglio qui esprimere la mia riconoscenza, come femminista puttana non remunerata, a tutte le puttane femministe che mi hanno dato tanta forza.

Qualsiasi donna dovrà sempre dimostrare di non essere una puttana.

Come afferma Helen, la nostra Zorra Suprema: «Non mi è mai importato ciò che pensavano gli uomini, ero abituata sin da piccola ad ascoltare come parlavano delle donne. Sapevo che mi avrebbero trattato come una puttana qualsiasi cosa avessi fatto, perciò per lo meno ne avrei goduto.»

Puttana e sposa sono le due condizioni socioeconomiche riservate alle donne nell'ordine eteropatriarcale. La terza posizione esistenziale è quella della suora, come segnala Gail Petherson, unica tipologia di donna che non può né deve offrire servizi sessuali agli uomini anche se «lavora gratis per un'istituzione maschile come la chiesa».

«Le spose e le puttane sono i prototipi, uno legittimo e l'altro illegittimo, della comune condizione femminile» rileva Gail. Lo stigma è il meccanismo di controllo e confinamento grazie al quale viene perpetuata l'illegittimità della puttana.

Rispetto all'immoralità, nessuna meglio di Vero può disarmare questo attacco: «Nella struttura sociale che oggi denominiamo democratica, non c'è modo di determinare cosa puoi o non puoi fare con il tuo corpo, vista l'influenza del prisma morale dettato dalla religione.»

E, come nota Sara, «esiste un orrendo traffico di bambine e di donne, tanto per la prostituzione quanto per il matrimonio.»

Per Pia Covre e Carla Corso [...] la negazione della prostituzione come lavoro e la rigidità legale rispetto all'immigrazione sono complici di queste mafie.

Non conosco nemmeno nessuna cameriera, centralinista, dipendente, professoressa o avvocata che affermi di avere il miglior lavoro del mondo. Né donna, né uomo. Tuttavia, è davvero troppo lo zelo messo nel vittimizzare e zittire le puttane.

Io non faccio parte di questo femminismo delle ragazze perbene, bianche, europee, arroganti, affidabili e decenti. Io sto con le puttane, non con quelle che vogliono salvarle e sono complici silenziose della persecuzione poliziesca e sociale.

«Gli uomini pagano sempre, non solo nel caso della prostituzione, ma anche all'interno del matrimonio o nelle relazioni di coppia. Ciò che alla società dà fastidio della prostituta non è il fatto che vada con molti uomini, ma che abbia dato un prezzo a ciò che si è sempre fatto gratis» mi ha detto una mattina la lungimirante Carla Corso.

La divisione tra brave e cattive ragazze è imprescindibile affinché tutte le donne possano servire il patriarcato.

Noi donne siamo puttane e gli uomini figli di puttana quando qualcuno vuole insultarci. Per questo è così trasgressivo, così irriverente e così liberatorio riappropriarsi di un insulto simbolico come puttana. Puttana perché lo dico io. Come cantava la rapper Ari: «Sono una puttana, puttana come la stessa vita»

Come la falsa moneta ... imbroglia il patriarcato

Per l'eteropatriarcato è molto disturbante scoprire che l'idraulico, con la sua tuta da lavoro, il suo petto villoso, la sua barba, la sua immagine ipertestosteronica, possa essere gay. È questo il tradimento di cui parlava Javier Sáez Hartza. Uomini che utilizzano le caratteristiche identitarie maschili per deviarle, per incarnare il fantasma più abominevole dell'interminabile lista delle fobie maschili•ste: essere, in fondo, frocio.

Non esiste un'identità altrettanto solitaria e assediata quanto quella del macho. Non vorrei trovarmi neanche per un istante nei panni di quelli che hanno costantemente bisogno di aggredire e umiliare i froci e le donne, solo per ricordare a sé stessi che niente di femminile (ossia, inferiore) alberga dentro di loro.

La femminilità esaltata e puttanesca di cui parlo significa questo: pensavate che fossi una coniglietta sempre bendisposta, la classica caricatura da porno, invece sono io a decidere.

Dal momento in cui si comprende che la femminilità e la mascolinità (in tutte le loro varianti e mescolanze) sono esercizi teatrali di socializzazione e non essenze che emanano dalla natura stessa, tutto si alleggerisce.

Molti uomini biologici-eterosessuali impazziscono a travestirsi a carnevale e io adoro guardarli. Naturalmente scelgono le tette più grandi e il rossetto più rosso. Si trasformano in superfemmine e si liberano per qualche istante del peso della mascolinità.

Le cagne che decidono di continuare a manifestare il proprio desiderio dopo aver partorito provocano un cortocircuito nell'immaginario della femminilità, non si fanno addomesticare dai valori associati tradizionalmente alla loro nuova condizione di madre.

hijab e minigonne: tanto scandalo per così poca stoffa

Quando l'ho intervistata Mama Samateh mi ha detto una cosa che non dimenticherò mai: «Voi vi scandalizzate di questa nostra tradizione, noi non capiamo perché i vostri mariti vi picchiano.»

Tra le pagine de El velo elegido, Fátima Taleb sorride con il suo hijab addosso e dice: «Non ho bisogno di fondamentaliste occidentali per salvarmi senza il mio consenso, né di leggi che mi proibiscano di vestirmi come desidero.»

Questa è davvero la questione centrale: ci sono donne a cui si riconosce l'autorità di nominarsi e spiegarsi (quelle perbene) e poi ci sono quelle a cui si nega questa autorità (quelle permale: le puttane, le migranti, le zingare, le disabili, le nere, le arabe, le lesbiche, le transessuali, le indigenti, le vecchie, le alcoliste, le maltrattate, le tossiche, le ribelli, le pazze, le povere in generale...). Poco cambia che a zittirci sia la chiesa cattolica, l'autorità medica o accademica, i giornali o alcune femministe.

Il patriarcato non sta nascosto nello hijab, ma nella proibizione o obbligatorietà di indossarlo.

Il corpo e l'abbigliamento delle donne è sempre stato un campo di battaglia, di controllo e di emancipazione.

La regista e compositrice vietnamita Trint T. Minh-ha lo spiega in questi termini: «Se l'atto di svelare ha un potenziale liberatorio, allo stesso modo lo ha quello di velare, dipende dal contesto stesso del velo, dalla modalità secondo la quale le donne percepiscono la dominazione»

Non si può ignorare il contesto in cui si muove ognuna di noi

ode alla fica di Annie Sprinkle

Che due donne in postmenopausa si mettano a scopare nel bel mezzo di una conferenza sull'arte femminista in un museo, circondate dalle cagne che siamo (più branco che pubblico) e, per di più, nelle mie terre basche cattoliche, è per me il paradiso in terra che mai mi ero azzardata a sognare.

Annie ci ha spiegato che «il postporno è materiale sessualmente esplicito che non è necessariamente erotico, è spesso più ironico, politico, sperimentale, spirituale, femminista, alternativo, intellettuale rispetto al porno...»

«Se non ti piace la pornografia che già esiste, crea il tuo porno.»

il manifesto "cagna" di Joreen

La mera esistenza delle Cagne nega l'idea che la realtà di una donna debba passare attraverso la relazione con un uomo e sfida la convenzione che vede le donne come perpetue bambine, da tenere sempre sotto l'altrui guida.

Né gli uomini né le donne sono in grado di affrontare la realtà di una Cagna, perché farlo li costringerebbe ad affrontare la propria marcia realtà. È pericolosa. Così la liquidano come strega. [...] Perché ha insistito per essere prima umana che femminile, di essere fedele a sé stessa prima di inchinarsi alle pressioni sociali, una Cagna cresce da outsider.

Cagne sono state le prime donne ad andare all'Università, le prime a rompere il soffitto di cristallo delle professioni, le prime rivoluzionarie sociali, le prime sindacaliste, le prime capaci di organizzare altre donne. Perché non erano esseri passivi e hanno agito spinte dal risentimento di essere schiacciate.

La loro maggiore oppressione psicologica deriva non dalla convinzione psicologica di essere inferiori, ma dal sapere di non esserlo. Così, gli è stato rinfacciato per tutta la vita di essere streghe.

Solo attraverso la coscienza politica la rabbia viene rivolta all'origine del problema – il sistema sociale.

Le Cagne devono imparare ad accettarsi come Cagne e dare alle proprie sorelle il supporto di cui hanno bisogno per essere Cagne creative. Le Cagne devono imparare ad essere orgogliose della propria forza e orgogliose di sé stesse.

E le Cagne devono formare un movimento per affrontare i problemi in maniera politica.

©1969 
tradotto da feminoska e revisionato da Federico Zappino

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