domenica 24 aprile 2022

L'arte queer del fallimento - Jack Halberstam

 traduzione e postfazione a cura di CRAAAZI


La teoria bassa ci aiuta a individuare gli spazi interstiziali che ci salvano dall’essere presi all’amo dell’egemonia e irretiti dalle tentazioni del negozio di souvenir, ma scende anche a patti con la possibilità che le alternative si trovino in un regno dalle acque torbide, spesso terribilmente buio e negativo: il regno controintuitivo della critica e del rifiuto.


il fallimento preserva in parte la meravigliosa anarchia dell’infanzia e fa sfumare il confine, apparentemente netto, fra adulti e bambini, vincenti e perdenti.


il pensiero positivo è una malattia del Nord America, un «delirio di massa» che nasce quando l’eccezionalismo americano incontra il desiderio di credere che il successo premi le brave persone e che ogni fallimento sia solo la conseguenza di un atteggiamento sbagliato, e non di condizioni strutturali.


potremmo desiderare nuove logiche a regolare la produzione di conoscenza, diversi standard estetici per mettere in ordine o in disordine lo spazio, altre modalità di impegno politico rispetto a quelle evocate dall’immaginazione liberale. Potremmo, in sostanza, volere più conoscenza indisciplinata, più domande e meno risposte.


saperi ingenui, saperi gerarchicamente inferiori … saperi dal basso


resistete alla padronanza.


→ stare in relazione e conoscere un altro essere senza misurare le sue modalità di vita con criteri che gli sono estranei.


preferite l’ingenuità e la mancanza di senso


Quando ci viene insegnato che non possiamo conoscere le cose a meno che non ci vengano trasmesse da grandi menti, stiamo accettando un intero sistema di pratiche forzate che vanno a configurare una relazione coloniale.


[è necessaria] una risposta omeopatica, che prevede che chi apprende impari il sistema dominante meglio di coloro che lo tengono in piedi e che lo saboti dall’interno


coltivate il sospetto nei confronti della memorializzazione


credo fermamente nel progetto pedagogico di creare dei mostri


Ritengo che la teoria bassa si trovi nei luoghi del popolare, del poco importante, dell’antimonumentale, del microscopico, dell’irrilevante. … Il mio intento insomma è provocare, infastidire, irritare e divertire


«Ma per te è tutto una barzelletta?»

«Solo le cose importanti»


lavora con gli altri, celebra la differenza, combatti lo sfruttamento, impara a decifrare l’ideologia, partecipa alla resistenza.


LTTR — 2004, NY, LA: «Pratica di più il fallimento!»


… il motto di Madagascar «Va’ dove ci si perde e restaci!»


Se tutti fossimo già in partenza normativi ed eterosessuali nei nostri desideri, orientamenti e modi di essere, allora probabilmente non avremmo bisogno di essere guidati in maniera così severa dai nostri genitori verso il nostro comune destino di matrimonio, riproduzione eterosessuale e accudimento dei figli.


…siamo così attaccati a queste strutture ingombranti, e siamo così pigri quando si tratta di pensare a delle alternative, che per rassicurarci del fatto che la coppia eteronormativa sia cosa buona e giusta la nobilitiamo servendoci di narrazioni sugli animali, così da riassegnarci un posto all’interno di un qualche mondo primordiale e «naturale».


Proprio nel momento in cui l’eterosessualità riproduttiva sta per essere definitivamente abbandonata, alcuni documentari di successo sugli animali cercano di rimetterla in circolazione: … La marcia dei pinguini (2005) … unisce l’elemento visivo a quello naturale con un voice-over mieloso e sentimentale


Monsters & Co. fa della mostruosità una merce e immagina cosa può succedere quando una bambina vittima degli orchi cattivi risponde a tono ai suoi demoni e, così facendo, per un verso li spaventa, e per l’altro crea legami di affetto, di affinità, di identificazione e desiderio fra sé e i mostri. [...] Il legame tra il mostro e l’umano è queer nel modo in cui riorganizza la famiglia e i legami di affinità.


Dory rappresenta una forma diversa di sapere, fluida e queer, che funziona in maniera indipendente dalla coerenza, dalla progressione e dalla narrazione lineare.


Mentre la stupidità femminile viene sia punita che fatta passare come «naturale», negli uomini bianchi la stupidità non solo viene perdonata, ma spesso non viene riconosciuta in quanto tale, dal momento che la maschilità bianca è il costrutto identitario più spesso associato con la padronanza, la saggezza e le «grandi narrazioni».


fare gli idioti vuol dire assecondare «la gente», che si suppone trovi nell’acume intellettuale un segno di eccessiva erudizione, di elitismo…


[per esempio] George W. Bush ha fatto di una versione populista della stupidità il suo marchio di fabbrica, e si è venduto al pubblico come un tipo alla mano, un simpatico compagno di bevute o di altri semplici e virili passatempi … in altre parole, un buffone monolingue incapace di articolare un discorso. [ricorda qualcuno su queste sponde dell’Atlantico?]


il potere patriarcale ha bisogno di due individui, uno che fa l’uomo e l’altro che gli rimanda l’immagine del suo essere uomo; ma allo stesso tempo questa natura doppia getta la coppia in mezzo ai vortici dell’attrazione omoerotica che inevitabilmente il patriarcato eterosessuale lascia nella sua scia.


Non sto dicendo che Fatti, strafatti sia un’alternativa appropriata ai tristi scenari militaristi dei crociati nordamericani [occidentalisti], ma mi auguro che possiamo tutti essere un po’ meno pieni di noi stessi, un po’ più stupidi.


…forse la stupidità ci apparirebbe una strada percorribile per uscire dalla giungla della follia teocratica e da quella aziendale.


le vite queer tentano di spezzare il collegamento tra il cambiamento e le forme - che si vorrebbero biologiche e immutabili - della famiglia e del patrimonio. Le esistenze «perverse» si servono del loro potenziale di una differenza di forma…


Significa anche fare attenzione a come avviene (se avviene) il cambiamento: come ce ne accorgiamo? Come lo riconosciamo? Possiamo registrare il cambiamento senza dire che ha posto fine a tutto (è la morte di…), o che non ha significato nulla (niente cambia mai davvero…)? Possiamo riconoscere il nuovo senza disconoscere il vecchio? Affidarci a modelli diversi sia del tempo che della trasformazione?


Nel suo essere una falsa narrazione di continuità, un costrutto che fa sembrare i legami e la successione naturali e inscritti nella biologia, la famiglia diventa un ostacolo per tante altre tipologie di alleanza e coalizione. L’ideologia della famiglia spinge gay e lesbiche verso politiche incentrate sul matrimonio, invisibilizzando in questo modo altri tipi di parentela.


… e come dimostra Kathryn Bond Stockton nel suo libro sul bambino queer Growing Sideways, il bambino è «già da sempre» queer, e bisogna per questo trasformarlo velocemente in un proto-eterosessuale, facendogli attraversare una serie di modelli di crescita basati sul «diventare persone mature» che danno al bambino il compito di incarnare «il futuro», e postulano il futuro come eterosessuale.


Quella operata dalla cultura queer è un tipo di rottura che funziona per sostituzione, con il bambino queer che esce dal ciclo riproduttivo dell’eterosessualità e si dedica a un progetto nuovo - un progetto che poggia sulle vestigia di ciò che c’era prima, ma che distorce quel prima tanto da renderlo irriconoscibile.


Ma un’esistenza «perversa», afferma Sedgwick, prende altre strade: «Non è forse un aspetto della potenzialità del queer … che le nostre relazioni generazionali non procedano sempre rispettando rigidamente questo schema?» Ovviamente le relazioni eterosessuali non sono condannate alla «regolarità e ripetitività» per un loro carattere essenziale, eppure la matrice della famiglia borghese, con l’importanza che riserva al patrimonio, all’eredità e alla discendenza, tende in effetti a interpretare il fluire del tempo o in termini di continuità ininterrotta o in termini di violenta interruzione.


Possiamo, dimenticando, creare dei futuri alternativi nettamente queer?


… una concezione del dimenticare «perversa», in base alla quale il soggetto che dimentica si scorda fra le altre cose della famiglia, della tradizione, dell’eredità e del legame biologico, e vive per ricreare la relazionalità da capo, in ogni momento e in ogni contesto, senza una teleologia e in nome della potenzialità caotica dell’azione casuale.


Fallimento e capitalismo, naturalmente, vanno a braccetto.


i perdenti non lasciano traccia di sé, mentre i vincenti non smettono neanche per un secondo di parlare del loro successo … Questa storia segreta del pessimismo … la racconto anche come una storia di lotta anticoloniale, di rifiuto della leggibilità, e come un’arte dell’indecenza. È la storia di un’arte senza mercato, di una recita senza copione, di una narrazione senza progresso. L’arte queer del fallimento guarda all’impossibile, all’improbabile, al mediocre e all’irrilevante. Perde senza scalpore, e perdendo rende immaginabili altri obiettivi nella vita, nell’amore, nell’arte, nel modo di stare al mondo.


Ciò che Gramsci chiama «senso comune» dipende fortemente dalla produzione di norme, e quindi la critica alle forme dominanti del senso comune è anche, in alcuni casi, una critica alle norme … Altre forme subordinate di senso comune, «perverse» e contro-egemoniche, portano invece ad associare il fallimento con la non-conformità, con le pratiche anticapitaliste, con scelte di vita non riproduttive, con la negatività e la critica.


Renton giustifica il suo preferire le droghe alla salute come una scelta «di non scegliere la vita», dal momento che «vita» significa «il mutuo da pagare, la lavatrice, la macchina; startene seduto su un divano a guardare i giochini alla televisione, a distruggerti il cervello e l’anima, a riempirti la pancia di porcherie che ti avvelenano», praticamente marcire poco a poco nella domesticità [eterosessuale].


Trainspotting, in definitiva, è troppo etero e maschile 


[mentre]


quarto, per Tracey Moffatt, si riferisce anche al «quarto mondo» della cultura aborigena, e allude quindi all’arte, perduta o cancellata, di un popolo che è stato distrutto dal successo dei colonizzatori bianchi.


tuttavia la leggenda queer Quentin Crisp trasforma la presunta drammaticità dei generi queer in una risorsa: «Se all’inizio non hai successo, può darsi che il tuo stile sia il fallimento» … in maniera autenticamente camp, l’artista queer lavora con il fallimento piuttosto che contro di esso, e rende abitabile l’oscurità.


Guardare all’indietro, sentirsi «arretrati», significa riuscire a riconoscersi per qualche ragione nelle raffigurazioni più oscure della vita queer, senza volerle per forza riscattare.


La messa in posa del soggetto queer nell’ombra, e come un’ombra, sembra voler dimostrare che la costruzione del genere queer sia un processo derivativo rispetto alla preminenza della sistematizzazione eterosessuale del genere e della relazionalità, ma in realtà evoca la potenza distruttiva del mondo-ombra.


Per Diane Arbus, l’oscurità e quel che non si vede sono non tanto un effetto di luce e ombra, ma più un risultato della complessità psicologica.


Monica Majoli dipinge i ritratti dopo che la storia d’amore è finita, rappresentando quello che di solito consideriamo come fallimento – il fallimento dell’amore che non dura, la deperibilità di ogni tipo di legame, la natura incostante del desiderio.


i dipinti di Majoli si pongono in dialogo con la tradizione visuale iniziata da Brassaï e portata avanti da Arbus


seguirò il sentiero del femminismo antisociale tracciato, fra le altre, da Jamaica Kincaid … per la quale il patriarcato non è soltanto una tipologia di oppressione, ma una produzione di forme di senso, di padronanza e di significato.


A mio parere, il vero problema con la svolta antisociale nella teoria queer, esemplificata dal lavoro di Bersani, di Edelman e di altri  … consiste nell’eccessiva ristrettezza dell’archivio utilizzato per rappresentare la negatività queer …


Il secondo archivio però [oltre quello «dei sentimenti» comprendente Tennessee Williams, Virginia Woolf, Bette Midler, Andy Warhol, Henry James, Jean Genet, i musical di Broadway, Marcel Proust, Alfred Hitchcock, Oscar Wilde, Jack Smith, Judy Garland…] si presta molto meglio a fornire quel tipo di risposte indisciplinate che almeno Leo Bersani sembra ricollegare al sesso e alla cultura queer, ed è in questo archivio che si scatenano le potenzialità della frantumazione del sé, della rinuncia alla padronanza e al significato, dei discorsi e dei desideri irregolari [ad esempio: Valerie Solanas, Jamaica Kincaid, Patricia Highsmith, Wallace e Gromit, Johnny Rotten, Nicole Eisenman, Eileen Myles, June Jordan, Linda Besemer, Hothead Paisan, Alla ricerca di Nemo, il gruppo musicale Lesbians on Ecstasy, Deborah Cass, Spongebob, Shulamith Firestone, Marga Gomez, Toni Morrison e Patti Smith.]


Il duo spagnolo di artiste queer Cabello/Carceller … rivendica, invece che rifiutarli, concetti come vuoto, futilità, limite, inutilità, sterilità, improduttività. … le loro opere cercano di fare dell’essere queer una modalità critica piuttosto che un nuovo investimento nella normatività dell’esistenza, nella rispettabilità, nell’integrità o nella legittimità.


Il gioco delle proporzioni [per esempio in I’ll give you something to cry about (Dead baby finch) di Judie Bamber] ci fa capire che la rilevanza delle cose è relazionale e contingente … mostra allo spettatore quanto di più crudele c’è nella natura. La giustapposizione delle parole dead e baby ricongiunge la fine con gli inizi, e ci ricorda che a volte la fine non è un nuovo inizio: una fine è una fine è una fine.


Ognuno di questi film rende esplicita la relazione fra la «perversità» e questa congiunzione di personale e politico: la mostruosità in Shrek, la disabilità in Alla ricerca di Nemo, e la disforia di specie in Babe, maialino coraggioso, diventano figurazioni degli effetti perversi e imprevisti dell’esclusione, dell’abiezione e dell’allontanamento imposti nel nome della famiglia, della patria e della nazione. 


Il successo e i suoi traguardi lasciamoli ai repubblicani, ai manager delle aziende di tutto il mondo, ai vincitori dei reality show, alle coppie sposate, a quelli che guidano i SUV. … come dice Walter Benjamin «l’immedesimazione con il vincitore torna sempre a vantaggio dei dominatori di turno».


esplorerò qui [nel quarto capitolo] una politica femminista che si basa … sul rifiuto di essere o di diventare quella donna definita e immaginata all’interno del pensiero occidentale.


Le femministe postcoloniali, da Gayatri Chakravorty Spivak a Saba Mahmood, hanno dimostrato quanto le teorie femministe bianche e occidentali sull’agency, sul potere, sulla libertà e sulla resistenza tendano a essere prescrittive, e hanno proposto dei modi alternativi di pensare al sé e all’azione che emergono da contesti che quel femminismo spesso rinnega … Nella sua modalità derridiana di decostruzione Spivak invoca un femminismo che rivendichi di non parlare per la subalterna, o di non esigere che la subalterna parli con la voce assertiva del femminismo occidentale.


Questa la risposta di Jamaica Kincaid: «…gli americani non tollerano per niente le difficoltà. Si aspettano sempre un lieto fine. Io, in maniera perversa, non concedo un lieto fine. Io penso che la vita sia difficile, e questo è tutto. … Mi interessa la ricerca della verità, e spesso la verità non ci appare come felicità, ma come il suo contrario.» [il personaggio di] Xuela Claudette Richardson si abbandona a una forma di non-essere in cui inizio e fine perdono di significato … diventare parte di quella storia coloniale o rifiutarsi di far parte, in generale, di qualsiasi storia. … Quando un soggetto colonizzato raggiunge la felicità, sembra dire Kincaid sulla scia di Fanon, lei o lui conferma la benevolenza dell’impresa coloniale … Rifiutandosi di fare da nodo di trasmissione di un processo di colonizzazione transgenerazionale, Xuela abita un altro tipo di femminismo … incarnando un femminile che si autodistrugge


Nel romanzo della scrittrice austriaca Elfriede Jelinek La Pianista … i meccanismi interni della famiglia, della dimensione domestica e del matrimonio [sono] un coacervo di risentimenti, amarezze, relazioni familiari soffocanti, amori incestuosi e violenti su cui aleggia il passato fascista del paese; … La passività di Erika è un modo per rifiutare di farsi tramite di una tipologia persistente di nazionalismo fascista, e il suo masochismo, la violenza che si autoinfligge, mostra il suo desiderio di annientare, dentro di sé, quelle forme di fascismo che vengono incorporate attraverso il buongusto e sollecitazioni emotive: l’amore per la patria …


Quella del taglio è un’estetica femminista che si presta al progetto del diventare una donna indecente [con] l’esempio del collage … utilizzato … da Hannah Höch a Kara Walker


Mantenendo una tensione costante fra gli elementi dell’opera, il collage ci obbliga a esaminare l’intera gamma della nostra esperienza del potere —


Kara Walker: la mia metà, il mio nemico, il mio oppressore, il mio amore ::: My Complement, My Enemy, My Oppressor, My Love


Il sesso, in questo mondo, è sinonimo di guerra con altri mezzi.


In effetti, già nel 1964 Yoko Ono … la sua performance Cut Piece … Interpretando l’offerta performativa che Ono fa dei suoi abiti, del suo corpo e del suo silenzio in relazione ai bombardamenti di Hiroshima e Nagasaki …


… così come nell’opera del 1992 Promise Piece, in cui viene distrutto un vaso e le schegge vengono distribuite al pubblico, c’è sempre la possibilità … che i frammenti del tutto non saranno mai ricomposti … da sottolineare è proprio l’interesse per il frammento, che sorpassa qualsiasi fantasia di futura integrità,


… però Kathy O’Dell mira a fare del masochismo qualcosa da cui possiamo imparare, qualcosa che ci fa prendere coscienza dei contratti invisibili che stipuliamo con la violenza, qualcosa con cui negoziare le nostre relazioni con gli altri.


Performance come Cut Piece e Rhythm 0, ma anche Waiting di Faith Wilding (1972) … fanno del femminismo un incessante commentario sulla frammentarietà, la sottomissione e il sacrificio.


In un contesto liberale, in cui il perseguimento della felicità, come direbbe Jamaica Kincaid, è sia desiderabile che obbligatorio … la passività radicale può indicare un altro tipo di rifiuto: il rifiuto, semplicemente, di essere … in ogni performance di passività radicale assistiamo a una effettiva volontà di disfacimento del soggetto


[In Higher Ground e New Story, 2006, di J.A. Nicholls] Questi personaggi surreali, e spesso iperartificiali, rappresentano la femminilità queer come rifiuto del modo convenzionale di essere donna


America the beautiful, Nao Bustamante: «il mio lavoro ha a che fare con il non conoscere l’attrezzatura di scena, il non conoscere quel particolare equilibrio, e riuscire a trovarlo andando avanti»


L’antisocialità prescrive l’indecenza (un non-diventare), un aggrapparsi a ciò che sembra essere fonte di vergogna e di annullamento, e la passività radicale permette di abitare la femminilità in modo differente.


Dal momento che la libertà … veniva offerta allo schiavo nei termini di un contratto con il capitale, allora spostarsi spesso, non fermarsi mai, rifiutare di acquisire proprietà o ricchezza significava lasciarsi sedurre da forme di libertà inimmaginabili da chi concepisce solo la libertà di diventare padroni.


I mondi sociali che abitiamo … non sono inevitabili


Un esempio di storia che gli studi gay e lesbici hanno voluto nascondere è quella delle relazioni fra omosessualità e fascismo … 

Lo scopo di tutte queste analisi … dovrebbe essere … spingerci a farci delle domande sulla relazione fra sesso e politica, sulla dimensione erotica della storia e sull’etica della complicità.


Come ha sintetizzato Gayle rubin in Thinking Sex, «il sesso è sempre politico»; il che è fuor di dubbio, e tuttavia, come hanno suggerito i lavori di Leo Bersani, Lee Edelman ed Heather Love fra gli altri, non c’è alcuna garanzia su quale forma possa prendere il politico quando si tratta di sesso.


… se l’uomo gay può perfettamente essere di supporto allo Stato patriarcale quando investe nella creazione di legami fra uomini e di una comunità gay, può invece diventare una minaccia per lo status quo politico quando rifiuta la padronanza maschile, rinnega del tutto la relazione e opta per «una scomparsa non-suicidaria del soggetto» … ad esempio, l’opera di Genet e Proust


Dagmar Herzog: «Qual è la relazione fra la politica della sessualità e altri tipi di politica?»


era risaputo che Röhm fosse a capo di un reparto omosessuale delle squadre d’assalto 


l’innegabile persecuzione degli uomini omosessuali non esclude in effetti la possibilità che in alcuni momenti ci fossero inquietanti sovrapposizioni fra nazismo e omosessualità … basta anche solo una rapida indagine sull’intergenerazionale Männerbund, il «gruppo degli uomini» negli anni venti e trenta.


La corrente del «virilismo omosessuale» … Era un tipo di costruzione di maschilità che si esprimeva in un’enfasi nazionalista e conservatrice sulla superiorità della comunità di maschi, e attraverso un rifiuto razzializzato della femminilità 


George L. Mosse, per esempio, ha dedicato un capitolo del suo libro Il fascismo. Verso una teoria generale a «omosessualità e fascismo francese» … suggerisce che l’ossessione nazista per la virilità e la prestanza maschile, e un’inclinazione a distanziarsi dalle donne e dalla domesticità, attirano con forza il nazismo in quella zona controversa, così ben documentata da Sedgwick, in cui le relazioni sessuali e quelle politiche fra uomini si fanno confuse e intrecciate.


Andrew Hewitt Political Inversions:

• omosessualità e fascismo condividono entrambi il tema dell’indicibilità

• caratterizzazione diffusa del proletariato come maschile e virile, e dei movimenti elitari d’avanguardia come effeminati

• identificare, sia nel totalitarismo che nell’omosessualità, quel desiderio per l’identico che connota la «personalità autoritaria»


…la cancellazione dell’uomo gay maschile indica una mancata volontà di confrontarsi con antecedenti storici problematici, e un desiderio di riordinare la storia … 


l’assunzione di identità della checca e della butch, così come la normatività di genere performata da uomini e donne queer, hanno avuto relazioni diverse con la politica dei generi, il maschilismo e la domesticità


Per Hedgwick e per Hewitt l’omosessualità non è tanto un’identità che persiste nel tempo, ma un insieme di relazioni mutevoli fra politica, eros e potere.


Attila Richard Lukacs [e] Collier Schorr fondono entrambi il linguaggio visuale fascista con l’omoerotismo [p.e. Traitor e Night Porter (Matthias)] e non temono di confrontarsi con le conseguenze storiche, estetiche e sessuali della violenta collisione fra questi due sistemi di rappresentazione.


«The killer in you is the killer in me», il titolo  delle riflessioni di Schorr su performance e politica contenute in Freeway Balconies, suggerisce che le micropolitiche del fascismo sopravvivono nell’altro come nel sé …


Il suo progetto fotografico Neue Soldaten, 1998 raccoglie immagini di ragazzi che giocano a fare il soldato … Schorr intende il proprio lavoro come un’indagine in corso sul significato della maschilità tedesca nell’ombra lunga dell’Olocausto … e in qualche modo le sue fotografie posizionano la maschilità bianca americana in quella stessa ombra, e il militarismo israeliano accanto a entrambe … «Inserendo i suoi modelli in un paesaggio tedesco intriso di memoria traumatica, Schorr pone rimedio alle contaminazioni fasciste della tradizione del paesaggio e se ne riappropria con una sensibilità ebrea e antifascista»


è la combinazione di terrore ed eros, di ciò che è dimenticato e di ciò che è proibito, a permettere che elementi dell’immaginario visivo nazista possano essere continuamente riciclati come feticcio sessuale


In questa storiografia sleale l’omosessualità non può essere considerata come un’identità che si fa risalire indietro nel tempo, ma va vista come un insieme di relazioni mutevoli fra politica, eros e potere; … dobbiamo essere pronte e pronti, invece, a lasciarci turbare da quelle relazioni pericolose, e politicamente problematiche, che la storia mette sul nostro cammino.


il cinema d’animazione … è in realtà un ricco campo di tecnologie per ripensare le forme della collettività, la trasformazione, i processi di identificazione, l’animalità e la postumanità.


[a proposito di A bug’s life:] « … Individualmente le formiche potrebbero essere sconfitte, ma se si sollevano insieme, se lavorano insieme, non c’è niente che non possano fare»


La dinamica tra movimento e immobilità è la dinamica tra vita e morte, e in nessun ambito viene registrata in modo altrettanto intenso come nell’animazione stop-motion.


…perturbante non è tanto la creatura animata quanto il sentimento represso che è tornato in vita


il movimento è dedotto dalla relazione tra un’inquadratura e l’altra piuttosto che registrato da una telecamera che si muove parallelamente agli oggetti in movimento


… i temi del controllo a distanza, della manipolazione, dell’essere presi in trappola o imprigionati sono dappertutto


— come negli horror, i mostri possono servire a elaborare critiche taglienti alla normatività e a rappresentare un’alternativa queer, oppure a incapsulare in modo fobico paure culturali in corpi «perversi», razzializzati e femminili ::

Mentre Coraline si serviva dell’anti-umano per confermare il fatto che il mondo è buono e giusto così com’è, Fantastic Mr. Fox si avvale degli animali selvatici per denunciare la brutalità e la ristrettezza di vedute dell’uomo … 

il perturbante qui è rappresentato dal lupo, e di fronte al lupo i sentimenti repressi strabordano in Mr. Fox che voltandosi a guardarlo si risolve ad affrontare le sue paure, la sua angoscia, l’altro da sé, e così facendo si riconcilia con il selvaggio in un modo che intima agli umani che guardano il film di fare altrettanto, di riconciliarsi con il selvaggio, con la loro «animatezza», con la vita e con la morte.


… per non fare nessuno sconto a noi «perversi»: anche nella nostra «perversione» si aprono spazi in cui l’impegno a fallire e, per usare le parole di Samuel Beckett «fallire ancora e fallire meglio», tende a cedere il passo a un desiderio di successo e di realizzazione basato, paradossalmente, su parametri eteronormativi.


… vivere in un mondo creato da adulti malvagi, avidi, superficiali e violenti significa anche questo. Vivere vuol dire fallire, fare casini, deludere e, alla fine, morire. Piuttosto che cercare modi per sfuggire alla morte e alla delusione, l’arte queer del fallimento implica che accettiamo la finitezza, che abbracciamo l’assurdità, la sciocchezza, la scemenza senza rimedio.


POSTFAZIONE


L’elogio del fallimento «perverso» di Halberstam del resto è anche una critica alle modalità di produzione e trasmissione del sapere tradizionalmente verticali e «certificate», sostenute dalle istituzioni accademiche, sempre più impastoiate in una ritualità disciplinare fine a sé stessa


… è allora un invito al pensiero queer, ovvero a trovare alternative che complicano i binarismi e le gerarchie di valore.


… la pratica dello «sciopero dei e dai generi», che dagli anni Dieci ha punteggiato i movimenti transfemministi queer, vuole rappresentare l’insostenibilità dell’economia dell’eterosessualità, basata su differenziali di potere ingiustificabili, rinunce e sacrifici inutili e dannosi, performance di genere tossiche e violente, e il nostro diritto a essere choosy


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